c. 21 febraio 1516

Francesco Vettori a Lorenzo de’ Medici

Bonivet crede al signore Antonio Maria, al quale è data tanta riputazione in corte di Sua Santità, che quà si crede lo governi pacificamente; e vostra magnificenza può pensare che lui è per favorire la fazione sua quanto può, e indebolire l’altra.
E Francesi seguitano el favore e la fortuna più che tutti li uomini; e, se a loro pare che Sua Santità dica le cose prima al signore Antonio Maria che ad altri, e che si fidi e consigli con lui, non sono per adoperare altro instrumento da credergli del tutto. Lui li conosce e scrive ogni giorno lettere, in modo che a lui è prestato fede e non ad altri. Non so ancora come M. di Tricarico s’intende queste cose di Prospero, che per l’ordinario credo gli sia amico; e, se Sua Santità non lo avvertisce, penserà di favorirlo come amico; ma, quando intendessi la intenzione di Sua Santità essere altrimenti, farebbe l’officio suo, del quale, secondo il mio giudicio, non manca.

Dopo la morte di Sua Maestà, il Re di Spagna, qua non è venuto avviso alcuno dello Arciduca. Il gran cancelliere mi disse ieri, col quale io parlai a lungo in sù casi del signor Prospero, che intra pochi giorni attendevono resoluzione dalli amici loro di là, e che se persuadeva che allo Arciduca fussi necessario il favore di Sua Maestà, il Re di Francia, ad insignorirsi delli stati teneva il Re di Spagna morto in Ispagna, e delle Isole; e che, per avere questo, non si curerà cedere la possessione e le ragioni del regno di Napoli; e potrebbe essere che tale cosa seguissi, perchè si vede che quelli che governono quel principe insino al presente, o per premii o per altra causa, hanno favorita la parte di Francia; e in oltre il Re d’Inghilterra ha usato dire pe’ tempi passati che ha qualche ragione in su la Castiglia; e queste parole potrieno operare che l’Arciduca, temendo di lui, si gittassi a Sua Maestà, il Re di Francia; e che quelli che lo consigliono, sendo pensionati di quà, aranno questa occasione di poterlo persuadere; e perchè, avendo a ire in Castiglia, bisogna si fidi a Sua Maestà, il Re di Francia, o a Sua Maestà, il Re d’Inghilterra, e loro gli mostreranno sia più sicuro il fidarsi di Sua Maestà, il Re di Francia, donde si potrà condurre in Castiglia per terra, ed avere quelli aiuti vorrà a insignorirsi del tutto di quelli stati.

Questi ambasciadori Svizzeri, che sono stati alla corte, si sono partiti con resoluzione di tenere a ordine insino in dieci mila fanti, pe’ quali manderanno denari quando ne aranno di bisogno; e li oratori che sono là scrivono che hanno distribuito e denari alli otto Cantoni per rata, e quali hanno confermo lo accordo in tutto. Il duca fa intendere che vi sono tre Cantoni, che vorrebbono fare uno accordo per loro proprii da parte, ma non vorrieno essere obbligati andare contro a nessuno, ma solo difendere lo stato di Milano da qualunche, ecetto che da l’Imperadore, e sarà facil cosa che, stando fermi in su questo, che il Re di Francia acconsenta loro questi capituli, tanta è la volontà che ha di stare in pace con essi.

Del mariaggio di vostra magnificenza non m’era suto parlato. Questa mattina, in sù la lettera de’ XIII, mi parve da parlarne al Re di Francia, mostrando che vostra magnificenza vorrebbe risolversi presto, secondo la intenzione di Sua Maestà; la quale mi disse che pensava che il Re di Navarra presto ci manderebbe la figlia, e allora lo voleva concludere a Vienna; ne parlerò col gran mastro e scriverò più appunto il particulare. Voglio bene dire una cosa, che a questi giorni sendo domandato il Re di Francia da uno amico, se il Navarra cercherebbe di presente riavere lo stato suo, lui rispose che l’Arciduca, quando il Re di Spagna era vivo, lo pregava ogni giorno lo restituissi, e che al presente, sendo in mano sua, potrà eseguire quello che ricercava; ma che questo Re ha in quello regno molti inimici e di gran qualità; e che volentieri piglierebbono lui per Re; ma che non è per pigliarlo, se non con buona volontà del Navarra, e dargli uno ricompenso; che in fatto quello stato non vale più che venti mila scudi. Ed io voglio dire che queste parole mostrano qualche inclinazione di volere quel regno per sè; e, se ne ricerca il Re, bisognerà che lui ceda, e forse lo farà malvolentieri, e resterà male contento di questa Maestà; e vostra magnificenza verrà a fare parentado con uno che sarà poco amico del Re di Francia.

E mi pare conoscere per la lettera di vostra magnificenza che quella desiderebbe intervenire in questa impresa del regno, nè penso come uomo del Re, perchè vostra signoria sa molto bene che il carico sarà di uno di questi gran personaggi che io dico di sopra; ma forse quella desiderebbe andare là capo delle gente del Papa, e vorrebbe che questa Maestà ne richiedessi il Papa.

Io credo che il Re di Francia abbi molto bene, per quella parte gli lessi della lettere di vostra magnificenza, compreso la volontà di quella; e però rispose che non voleva muovere niente senza consulta del Papa, el quale gli arebbe fatti quelli favori giudicassi a proposito, e lui approverebbe tutto; nè a me è parso di allargarmi, nè comentare questo desiderio di vostra magnificenza, perchè a questa impresa hanno necessità di Sua Santità e di vostra signoria. Quando vostra magnificenza voglia mene governi, melo scriva; e questa è la causa che io spaccio questo corriere, perchè non vorrei errare in questa cosa, nè voglio mancare di ricordare a vostra signoria che ora è tempo di guadagnare; e, mettendosi Sua Santità in pericolo e inimicizia delli altri principi, facci con questo le cose chiare per sè. Bene lui è di buona natura, e per osservare quello promette.

Non sono poi di buona voglia li altri Francesi; e Bourbon e Lautrec, che a uno di loro ha a tocare, quando si vinca, restare viceré, e sono inimici delli Italiani; e possono fare molto male relazioni, che sono causa di mutare qualche volta la buona mente del principe. E ha a pensare vostra magnificenza che in questa impresa costoro hanno avere delle difficultà, e che li aiuti vostri la hanno a fare facile. E prima, vostra magnificenza sa che per l’ ordinario quà non sono fanterie, e bisogna, andando nel regno, menino i lanzichinechi o gli Svizzeri; e i lanzichinechi hanno provato a Brescia che non vogliono fare contro allo Imperadore, e andare contro il regno non è altro; li Svizzeri, questi otto Cantoni, hanno convenuto, secondo dicono, ma d’un modo di non avere a combattere con li altri Svizzeri. Se chi governa il regno (di Napoli) conduce due mila Svizzeri, questi che vi menassino lì sarebbono liberi.... e si troverebbono avere speso e denari, e non arebbono fanti: sicchè, signore mio, questo è tempo da volere condizione onorevole, e fare e patti chiari, e non volere donna senza dote. Io sono forse prosuntuoso, e entro più là che non mi s’aspetta; ma vostra magnificenza stia certa che tutto quello dico procede da affezione.

Come di sopra dico, il gran mastro, parlando del signore Prospero, mi disse, e melo aveva ancora detto prima, che il carico della impresa volevano dare ad uno de’personaggi sopradetti; però io lessi al Re di Francia quella parte della lettera dove vostra magnificenza offeriva pigliare ogni carico; ma non vi stetti sù molto con le parole, per dubbio che, avendolo a negare, non paressi loro offendere vostra signoria; la quale non pensa in nessuno modo che, ancorchè il Re di Francia mostri avere gran fede in quella, sene sia però per fidare tanto, che volessi che fussi capo a pigliare il regno, e che vi conducessi più gente che le sua; perchè conosce benissimo l’azione che ha in quello stato Sua Santità, e quando’ è conveniente lo desideri per sè; e, se consente che lui lo pigli, lo fa piuttosto per timore che ha non resti in mano dello Arciduca, che per bene voglia a lui. Non resterò però parlarne destramente di nuovo con il Re di Francia e con il gran mastro; ma lo farò in modo che non creda sene abbi a fare perdita, se già a vostra signoria non paressi altrimenti sopra che mi risponderà.

Siamo a dì xxi; e il signor Prospero parlò iersera a lungo con il Re a Saint-Vallier, e dice che Sua Maestà s’aperse con lui molto largamente, ma non si ristrinse a’particulari; ma gli ha detto che lo espedirebbe. Qui intendo pure pagherà per la taglia ducati dieci sette mila, o più; e Pietro Margano non è ancora fuori di prigione, ma el Re ha promesso al signore Prospero liberarlo; detto signore mostra riconoscere in gran parte questa liberazione sua da nostro Signore, e ha usato dire a un amico mio, che è per fare ogni cosa per Francia, perchè intende che è d’accordo con nostro Signore, al quale intende essere per ogni tempo servitore.

Qui aspettono oratori dall’Arciduca, che dicono sono partiti poi che là s’intese la morte di Spagna.

Io ho scritto a lungo e in cifra, perchè gli Francesi, quando hanno sospetto, o disegnano imprese, sono molto sospettosi, e si ingegnano vedere tutto quello si scrive; e hanno fatto a questi dì ricercare corrieri che andavano in Fiandra e in altri luoghi, e aperte le lettere. Vostra signoria m’arà per escusato, se gli parrà manchi in qualche cosa, perchè, come scrivo a Filippo, el non mi sentire bene del corpo fa che dell’ animo non satisfo a me medesimo, e tanto manco credo satisfare ad altri.


Source: Arch. Med. av. princ., filza cx.