Roma, 4 aprile 1516

Reverendissimo Cardinali Sanctae Mariae in Porticu. Nomine Cardinalis de Medicis.

Sua Santità si risolve che più presto vorrebbe e Franzesi a Milano (quando bene non fussino molto amici), che lo Imperatore o altri che dipendessi da lui, che hora se demostrassi amico; perchè con li Franzesi non si ha causa di havere suspecto come de li Todeschi; et quando pure volessino malignare, si troverria a’ casi loro molti remedi che non si potrieno trovare facilmente con Cesare.

La pace fra questi dui Principi, che prima facie par cosa bona et desiderabile, stabilirebbe (et maxime in Italia) li Stati di Cesare et del nepote; il che non torneria punto ad proposito della Sede Apostolica: imperò che, sempre che lo Imperatore potessi, penserebbe a nuovi garbugli, et la observerebbe quanto li venissi bene: et con tale pace si offenderebbe lo animo di Inghilterra, che non pare procuri altro che cavare e Franzesi di Italia. Per le quali cose N. S. saria di parere, che la S. V. si governassi (come lei prudentemente dice ne la sua lettera) secondo li advisi che havessi di Lombardia. Et in caso che Cesare se ne tornassi con le trombe nel sacco, et li Franzesi restassino superiori; la S. V. potria valersi de la sua migrana et di qualche altra scusa verisimile, et non andare più avanti, tanto che si intendessi meglio quello che fussi da fare. Ma quando e Todeschi stessino forti o si ritirassino in modo da non abandonare la guerra, et le cose fussino per durare un pezzo, la S. V., con participatione de’ Franzesi, potrebbe seguitare el cammino suo et mandar secretamente un suo fidato a Monsignore di Borbona ad farli intendere come quella ha in commissione da N. S. di andare a Cesare, in caso che la Sua Excellentia se ne contenti, per procurare non meno pel Cristianissimo che per la Sede Apostolica, che vogli in verità advisarvi in che termine si trova ec. Perchè, se saranno debili et non haranno tempo da provedersi, nè modo da stare in su la spesa, la S. V. spenderà ogni auctorità de la sua legatione per condurre una pace più utile et più honorevole per la Cristianissima Maestà che sarà possibile. Così quando si sentissino gagliardi et bene provisti di danari et di fanti et d’altre cose necessarie, per potere non solo resistere ma vincere la guerra (havendo anche consideratione a quello che potessi fare Inghilterra da le bande di là), et come loro si sentono da poterli respondere, et non paressi a la Excellentia Sua che la S. V. andassi più avanti; che in tal caso lei si fermerà, con qualche scusa, et non passerà più innanzi. Ma questo homo vostro discorra largamente con Borbona questo periculo che occorre a N. S. di Inghilterra et del nuovo Re (e quali vedendo lo Imperatore declinare in Italia, è verisimile che faccino qualche diversione potente); et sopra questo punto intenda come lor confidano di difendersi. Et quando la S. V. ritragha che il prefato Borbona sia malcontento de la andata vostra, quella si fermi con quelle scuse et colore, et in quello loco, che a la prudentia sua occorrerà; et advisi del ritraete.

Si verifica la ritirata di Cesare et la venuta de’Svizeri a Milano, in modo che N. S. è ne la medesima sententia, che la S. V. mandi uno homo suo a Borbona et aspecti la resposta, temporeggiando in questo mezo, come o dove a lei parrà.