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Roma,
4 aprile 1516
Episcopo Tricaricensi. Nomine Cardinalis de Medicis.
La S. V. può considerare in che termine si trovino
le cose di Lombardia, poi che le nuove di Milano si hanno qui per la via
di Franza; et non crediate che manchi per diligentia nostra, ma le strade
da Parma in là sono tucte rotte, e ’l paese in arme, et e
fuorusciti fanno de li insulti et spogliano chiunche passa; in forma che,
da poi che lo Imperatore si condusse a le mura di Milano non si è
hauto nova alcuna, se non hiersera, da prestarli fede. N. S. è
stato parecchi giorni, di tanta mala voglia, quanto fussi mai a la vita
sua; perchè, havendo predecta questa venuta de’ Todeschi
a’ Franzesi, et dato lor notitia del tempo et del numero de’
fanti del campo Cesareo, li parea, o che non li fussi creduto o che lor
non potessino remediare. Con ciò sia che, promettendo et affirmando
loro a Sua Santità absolutamente, che farieno testa a Peschiera,
et che di lì non partirieno trovandosi potenti in modo da potere
tenere questa piena; la S. V. può immaginare qual fussi lo animo
di Sua Beatitudine quando li intese che abandonorno quello loco et si
ritirorono a Cremona. Et sperando pure, che in quella città et
in Lodi et in Crema almeno si fortificassino, restò anche ingannato
di questa speranza. Et confidando, per ultimo, che non lassassino passare
l’Adda a li inimici (come si vede per le vostre che haveano dato
intentione al Cristianissimo, et come affirmative haveano decto di qua);
inteso che si erano ritirati a Milano, et li Todeschi, havendo passato
l’Adda senza alcuno intoppo et preso Lodi, si erano rapresentati
a le mura di Milano, si tenne le cose de’ Franzesi in cattivo termine,
et che non dovessino aspectare. Et se Dio non ci havessi posto la mano,
et li Svizeri indugiavono un dì più ad venire, ci saria
parso una optima nuova intendere che lo exercito del Cristianissimo verso
Alexandria si fussi ritirato a salvamento. Et veramente Cesare non ha
saputo usare la sua fortuna: perchè siamo certificati, se si rapresentava
a le mura di Milano dui giorni innanzi, come fece di poi, la città
et lo exercito franzese era in tanta trepidatione, che senza dubio vi
entrava dentro; et non era apresso di Cesare chi per N. S. havessi potuto
fare altro che male. Perchè, poi che intendemo che il Cristianissimo
non era ben contento de la andata del Legato, si ritenne in Firenze fino
a’dì primo del presente, quando qua, per ognuno, si teneva
le cose franzese spacciate; et dipoi se li commisse che a picciole giornate
ne andassi a la volta di Bologna et di Modona et mandassi un suo homo
a Monsignore di Borbona, ad farli intendere che havea commissione (come
era in facto) di andare et non andare a lo Imperatore, secondo che paressi
a la Excellentia sua; offerendoli l’opera de la Legatione quando
la iudicassi ad proposito, quando anchora non li paressi, che si fermerebbe
et non anderebbe più avanti: et così seguiterà. Ma
a N. S. parrebbe bene che, hora che Cesare non è più in
quel corso de la victoria nè in quella reputatione che era ali
giorni passati (se li advisi che noi habbiamo son veri), che si dovessi
usare questa occasione et fare la pace, che si farebbe con più
vantaggio che forse un’altra volta. Perchè Sua Santità
dubita, poi che Inghilterra non ha facto quelli offitii in Italia che
desiderava, non tenti di farli per la via di Franza, havendo el nuovo
Re ad proposito suo et disposto, come si intende, di non mancare a lo
avolo. La qual cosa saria di peggior natura che non è suta questa,
et tornerebbe periculo doppio, perchè, oltre al male che porria
fare da le bande di là, el Cristianissimo saria forzato revocare
gran parte di questo exercito et lassare lo Stato di Milano con poca difesa;
et Cesare, che ragionevolmente (se ben per hora si ritirerà) non
è per perdere Brexa et manco Verona, potria in brevissimo tempo
rifarsi et ritornare a questa medesima impresa; che in tal caso sanza
comparatione li resteria più facile, et noi rimarremo qua in mezo
di Todeschi et di Spagnoli, malcontenti quanto dir si possi di N. S.
Questa consideratone di Inghilterra, con quelle circumstantie che ha,
non è da farsene beffe; perchè a N. S. pare che importi
assai, trovandosi el Cristianissimo intorno intorno nel regno di Francia
tucti e sui vicini poco amici et un regno che pure ha patito assai. Lo
amore che Sua Beatitudine porta a quella Maestà et lo interesse
comune (perchè l’uno non può patire sanza l’altro)
li fa discorrere questi periculi; et, se bene reputa la Sua Maestà
prudentissima, iudica che sia offitio di patre pensarvi, et ricordare
amorevolmente quanto li occorre. Et desidera et prega la Sua Maestà
che vi vogli pensare et provedere a quello che potessi nascere. Et V.
S., a la ricevuta, li comunicherà questa lettera; et benchè
non crediamo che bisogni, li farà fede del dispiacere prima, et
poi del piacere che ha preso N. S. in vedere questa venuta de’ Svizeri
in favor suo, de la quale, havendola tante volte decta lor di qua et la
S. V. scripta, ne eravamo quasi disperati: significandoli, che quello
non si è facto, è suto per non potere fare altro, et per
non volere, sanza commodo loro, ruinare lo Stato di Firenze et de la Chiesa.
Perchè e Franzesi, in Italia, non haveano bisogno di 200 o 300
lance di N. S., anzi non potevano giovare loro, et harieno tirato a dosso
a Sua Santità lo exercito de li Spagnoli di M lance et 4 o 5 mila
fanti, che ad ogni modo ha facto di cattivi cenni; Et veduto Sua Santità
ch’ e Franzesi più presto si fuggivano che ritiravono dinanzi
al campo de lo Imperatore; et de’ Svizeri, che si diceva venivano
in favor loro, non ci era novella alcuna; li è parso andare temporeggiando
et dissimulando con questi altri, conoscendo che, oltre a lo interesso
proprio, non faceva anche per Franzesi governarsi altrimenti, et da’quali
Sua Santità non è suta mai ricerca d’altro. Che di
quello si fussi potuto fare a benefitio loro, non si saria mancato nè
si mancherà mai; et il pagare li II mila fanti (che per altra vi
si scripse essere suto offerta et motu proprio di Sua Beatitudine), si
observerà al tempo la promessa. Et però la S. V., discorrendo
col Cristianissimo tucti questi progressi che di sopra si fa mentione
et di quello altro occorressi a la prudentia vostra, confermerà
Sua Maestà ne la fede et amore che porta a N. S., assicurandola
del bono animo di Sua Santità et del piacere che ha preso et piglierà
sempre d’ogni honore et exaltatione di quella Maestà. Et
di quanto voi ritrarrete del pensiero, ordine et disegno suo, ce ne adviserete,
per conforto di N. S.; et perchè, inteso e pensieri sui, Sua
Santità si possi accommodare con quelli ».
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