Roma, 17 aprile 1516

Episcopo Tricaricensi. Nomine Cardinalis de Medicis.

«... Benchè per più nostre del passato de’IIII, de’9 et de’x ci paia a suffitientia havere iustificato et purgato ogni calunnia et sospecto che potessi inputarsi a N. S. o nascere ne la mente del Cristianissimo, nondimeno le parole che epso ha usato hanno di nuovo dato fastidio a N.  S; non già perchè Sua Santità non resti quieta et scarica ne lo animo, per la conscientia de la voluntà et de li effecti sui, ma parche li pare che il bono animo et opere sue sieno poco conosciute. Dispiaceli anchorache non li sia prestato fede in quelle cose dove non ha meno affectione et interesso che lor medesimi; et quando non ve lo havesse, li pare che lo amore suo sia di sorte che non meriti dubita-tione alcuna. Crediamo anchora perturbi Sua Santità, quando amorevolmente ricorda et advertisce di qualche molestia o periculo che può advenire, e che non li sia così creduto, come forse meriterebbe la qualità di tali ricordi; et che il Cristianissimo habbi ad iudicarli poi da li effecti, secondo che succedono, et non da le ragioni che avanti si hanno ad considerare: il che non sole essere iuditio bono, ma il più de le volte fallace, come vedemo alli mesi passati, quando Sua Maestà mosse et richiese N. S. di consiglio et adiuto per la impresa del Regno di Napoli. Ne la quale anchor che Sua Santità vi concludessi che la desiderava, et presterrebbe con tucte le forze sue ogni favore; nondimeno, perchè propose et discorse questi periculi et travagli, che dipoi in facto si sono verifìcati, fu interpetrato di costà (come vi è noto), che Sua Beatitudine dissuadessi et contradicessi quella impresa, non perchè vi vedessi dentro periculo, ma perchè non era secondo el gusto suo ec. Vorrebbe Sua Santità non si essere aposta nè havere preveduto bene quello che è seguito; tanto dispiacere ne ha hauto, et tanto periculo li pare si sia portato, et che anchora non si possi tenersene securi. Questi iuditii, quando si aspecta e successi et li effecti, non solo sono fallaci (come è decto), ma molte volte inremediabili; et ne le cose de li Stati, simili errori, oltre al tirarsi dreto la vergogna, si tirano anche la ruina: dopo la quale non resta altro che il dolersi, et non vale el dire poi: Io non credetti. Questo discorso habbiamo facto per parte di N. S., con sicurtà et fede, come fa patre a figliuolo; perchè se Sua Santità non ha exeguito a punto quello che vorrebbe el Cristianissimo, la S. V. li facci intendere, che è restato per non minare sè et la Chiesa et tucta Italia, et disordinare la Cristianità, in modo che, ai tempi sui, non la potessi mai più vedere quieta; sanza fare utile a loro. Et la Santità Sua, per essere forse più presso al foco et al periculo, che non è stato il Re, ha visto più da presso questi disordini, che non ha facto quella Maestà. Et benchè di lontano li habbi preveduti et predecti loro, non li è suto creduto. Dio forse ha voluto che la vadi così. Et se la Maestà Sua vorrà sapere el vero, come sappiamo noi; troverrà che, come lo Imperatore con lo exercito discese in Italia, e Franzesi non si ritirarono, ma (per parlare naturalmente, et dire la cosa come la sta) si fuggirono insino a Milano, lassando e passi e’ fiumi et le città a discretione; et lì con grandissima fatica si fermorono. Et se Cesare sapeva usare la sorte sua, et non havessi invano perduto tempo, Milano non sarebbe hoggi de’Franzesi. Noi vi domandiamo se queste cose doveano movere N. S., trovandosi nel predicamento che voi sapete con Cesare et in mezzo de’ Thodeschi et Spagnoli armati? Et nondimeno non lo hanno mosso nè facto uscire di passo in cosa alcuna, a beneficio o reputatione de lo Imperatore, come cotestoro si dolgono; nè vi ha mandato anchora gente nè Legato nè danari; et ha haute tanto respe-cto, che chi volessi misurarlo sanza passione, iudicherebbe che fussi troppo con periculo suo et de’Franzesi. Perchè se le cose andavono per altro verso, la andata del Legato, el quale anchora hoggi si trova a Rubiera, era dopo il facto, per ha vere haute da N. S. expressa commissione di non andare se non in uno di questi dui casi; o ch’e’Franzesi (che Dio ne guardi) fussino ruinati per poter far qualche bene o, ad dir meglio, manco male per il Papa et per loro; o veramente che Monsignore di Borbona se ne contentassi per tractare pace o accordo con più vantaggio che fussi possibile del Cristianissimo. Circa a’danari, che V. S. scrive che di costà hanno sospecto che N. S. habbi mandato a Cesare per le mani del Legato, vi diciamo essere vero che a Sua Signoria reverendissima se ne mandò certa somma, perchè in caso che li Thodeschi restassino victoriosi, potessi con essi mitigare un poco lo Imperatore et pagarli 5 mila ducati, e quali, avanti la confederatone di Francia, N. S. li havea promesso, per sub venirlo ne la guerra de’Venitiani, come ha facto più volte, benchè di piccole somme, et per pagare el quartiere al signore Marco Antonio, al quale, poi che partimo da Bologna, non si è mai dato un carlino. Et questo si fece quando intendemo le cose Imperiali prosperare, per uscire mo’del presente periculo , come per dupplicate lettere vi scrivemo. Et in tal caso, questo remedio non dovea essere meno desiderato da Francia che dal Papa; perchè, restando in piedi le cose di Sua Santità, el Cristianissimo poteva sperare in breve tempo la recuperatione de le cose sue. Così se, con Sua Maestà insieme, el Papa havesse perduto, quella harebbe haute ad pensare ad altro che a le cose di Italia. Ma il signore Marco Antonio, non potendo valersi da N. S , ha impegnato qui li amici et parenti, et facto circa VI o VIIm ducati per servire quella Maestà, et con epsi facto molti nomini d’arme, non come homo del Papa ma come homo libero, et ha preso soldo et titulo da lei; et tucto ha facto sanza lieentia, o commissione, o participatione di N. S. Et benchè per diverse vie habbi potuto intendere lo animo del Papa, ha facto el contrario; si che vedete come el signore Marco Antonio serve lo Imperatore. Et se credete che, revocandolo N. S. publicamente, lo havessi obedito, e’ non era altro che uno scuoprirsi contro a’Thodeschi, senza nocer loro et senza giovare a’ Franzesi. Questo abbiam voluto dire circa al signore Marco Antonio et a li danari che ha portati il Legato, perchè con verità l’uno et l’altro facciate intendere al Cristianissimo. Quanto al mandare a Parma o a Piacenza le gente, o fare altra demostratione, come Sua Maestà harebbe desiderato; si è hauto. quelli respecti che altra volta si sono scripti, et voi prudentemente havete allegati. Et benchè N. S. conosca lo obligo che ha di difendere lo Stato di Milano ec.; è certo che il Cristianissimo anche conosce, per la sapientia sua, che trovandosi el Papa ne la medesima causa et nel medesimo periculo, et maggiore, perchè è più presso al core, non può et non debbe abandonare Roma et Toscana, et spogliarsi di forze per mandarle in Lombardia, havendo gli Spagnoli a le spalle, che con 1200 nomini d’arme et 4 o 5.m fanti li possono in 4 giorni essere adosso, et li Franzesi non lo possono soccorrere. Per il che, quando fussi seguito disordine alcuno, se bene Sua Santità era el primo ad patire, el Cristianissimo ne faceva forse più perdita; perchè, stando Sua Santità sanza declararsi manifestamente, come ha facto, ha più giovato a’Franzesi et più fermo qualche altro humore di importanza, che non haria facto benefitio con lo scoprirsi. Con ciò sia (ad non si volere ingannare) che in questa guerra, da una parte sia il Cristianissimo solo, da l’altra lo Imperatore, Spagna, Inghilterra et Svizeri. Et non obstante Francia habbi hauto de’ Svizeri a soldo suo, habbiamo veduto in che tempo sono venuti et come lo hanno servito. Et se N. S. si fussi declarato, li Spagnoli che di qua sono stati in su le ali, si sarieno mossi et venuti innanzi, et Inghilterra, che fino a qui ha mostro qualche fede et devotione in Sua Santità, l’haria del tucto perso, et si saria verisimilmente scoperto con impresa propria, dove fino a qui li è bastato tenere el Cristianissimo occupato ne le cose di Italia. Per le quali ragioni a N. S. pare essersi governato in modo, che non meno habbi facto per questo verso in benefitio di Francia che suo. Et se Sua Santità havessi visto, o anchor vedessi, che lo scoprirsi et le forze sue servissino ad dare el tracollo a questa bilancia, l’harebbe facto, et farà senza esserne ricerco. Queste medesime cose (ma non si largamente) Sua Santità ha decte a Monsignore di Sancto Antonio, che arrivò qui un dì fa, mandato dal Gran Contestabile; et se altri, per scaricare sè, non vorrà imputare N. S., il Cristianissimo intenderà che di qua non si è mancato a quello che si è potuto fare a benefitio comune. Ma dà bene alteratione a Sua Santità vedere, che quello epsa ha facto non sia da loro bene examinato nè conosciuto; et che più presto habbino sparlato ec. Non vogliamo tacere, fra li altri, un tracto che ha usato Monsignore di Borbona, che mandando e Nunci di N. S. che si trovano a Busseto, loco de’ Palavisini, a la Excellentia Sua, per licentia o salvoconducto per potere passare et condursi a Cesare, apresso del quale l’uno è stato parecchi mesi et l’altro parecchi anni; l’ha negato et vietato loro, usando parole et termini impertinenti. Et questi Nunci sono quelli da’ quali si è hauto tanti advisi presti et fideli, che tucti si sono comunicati al signore Antonio Maria, a Milano et a V. S.; et hanno sempre battuto lo Imperatore in favore de le cose di Francia; et per il medesimo conto voleano andare hora, ad ciò che ci potessino tenere bene advisati et favorire, se acchadessi, le cose del Cristianissimo. Ecci parso di tucto advisarne la S. V. La S. V. non ci ha scripto quello N. S. ha inteso da altri, et che lei pure havea notitia, che il Cristianissimo et cotesti altri sui hanno usato parole poco grate et honorevoli di N. S.; et in particulare la Sua Maestà, con dire che bisognava fare nuovi capitoli col Papa, che servissino a tempo di pace; perchè in tempo di guerra havea provato che Sua Santità li era più presto contro che in favore; et così a Milano Monsignore di Borbona et Monsignore d’Utrech et altri hanno sparlato ec. Queste cose di bon loco son venute a notitia di N. S. et lo hanno perturbato tanto, che, se non fussi stato la bona natura sua et lo amor grande che porta al Cristianissimo, haremo dubitato di qualche cosa poco grata a Sua Maestà. Il che ci ha dato dispiacere, et habbiamo facto l’offitio che ricercava el debito nostro, come potrà fare fede el signore Antonio Maria. Questi termini possono nocere et non giovare, perchè, dove è grande amore è grande sdegno. Li danari ordinati et inviati per pagare li Svizeri, come altra volta vi si è scripto, son suti facti fermare per questo accidente. Nondimeno noi ci sforzeremo che la cosa vadi avanti. Habbiam voluto advisarvi del tucto per notitia vostra, et perchè la S. V. possi iudicare meglio et obviare a li scandali che potessino nascere ».