Ansenis, 18 luglio 1518

Bernardo Dovizi da Bibbiena a Giulio de’ Medici e Lorenzo de’ Medici

Scrissi a' XIIII del presente, quanto m'era occorso fino a quel giorno. Dapoi mi è venuta molta commodità di ragionar con Madama, la quale l'altr'hieri mi tenne seco più di cinque hore, ove dopo i ragionamenti ordinarij, mentre v'erano ancor altri Signori a visitarla, io, da poi che tutti furon partiti, entrai a dirle quello che vostra Sig. Reverendissima mi haveva scritto circa il parer di Sua Santità nelle cose del Christianissimo con Inghilterra et dissi che Nostro Signore disegnava ancora di mandare a i Legati la procura ampla di poter pratticare et concludere ancora insieme la lega sopradetta, stimando di ciò far grandemente cosa grata al Christianissimo et questo communicai a Sua Excellentia, havendo visto per lettere di Benedetto vostro esser cosi la verità et giudicando devere esser loro accettissimo. Madama udì tutto con grande attentione, mostrò di gustar la cosa et di sentirne molta contentezza, ringratiando sommamente Nostro Signore de gli amorevoli termini et buoni officij che sua Beatitudine fa tutto il giorno a beneficie delle cose del Re suo figliuolo, dicendo che un dì mostreria a Nostro Signore et alle Signorie vostre, quanto l'ami et stimi et quanto si tenga loro obligata. Et circa questo usò parole veramente prudenti et buone. Alla parte della lega soprascritta rispose che, facendosi, le pareria cosa molto buona et laudabile, ma che al Re, nè a lei non era di ciò sin qui stato fatto parola alcuna, se non da noi, giurandomi sopra la fè di gentil donna, che d'Inghilterra non ne havevano mai havuta alcuna ambasciata, nè lettera, se non che su 'l partir di Villeroi, quando se ne tornò ultimamente, il Reverendiss. Eboracense, così parlando a caso seco, gli disse con parole nude et simplici al possibile che saria forse ben fatto in luogo della tregua quinquennale, la quale mostrò piacerli niente o poco, fare una lega perpetua tra Principi.
     Nè altro disse sopra di ciò, nè anche gl'impose che egli riferisse al Re queste parole sue. Io mostrai di molto maravigliarmene et le dissi quel che il Reverendissimo Campeggio per il Valerio mi ha sopra ciò mandato a dire, ciò è che solo d'affinità col Christianissimo et della lega union con gli altri Principi si trattava. Et di nuovo Madama mi rispose quanto di sopra ho già detto dicendomi che liberamente per sua parte lo scrivessi al Papa et alle Signorie Vostre, pregandole che lo tenessero in se, affinchè non pervenisse all'orecchie d'Inghilterra, et che non pensassero che ella ciò dicesse per detrahere a quel Re et al Reverendissimo Eboracense: poichè essi han significato costà che da loro et dal Christianissimo si tratta la lega universale, et non la particolare, fra essi due solamente.
     Domandandola io, se con effetto in questo loro accordo era alcuna difficoltà sopra le cose di Scotia, o di Tornai, o de’ Svizzeri, mi rispose che tutto era spettato, et che se Inglesi non volevano mancar della promessa et della fede loro, le cose erano acconcie et ferme et che se pur niente vi è che del tutto stabilito non sia, è di poco momenlo et che si aspetterà subito che vi sia arrivato l'Ammiraglio o ancor forse a questa hora l'ha aspettato Monsignor di Parigi. Io, certo, resto il più ammirato huomo del mondo. Affermarmi Madama quanto scrivo di sopra.
     All'incontro il Valerio mio Secretario che, come per altre mie ho scritto, andò a spasso a vedere Inghilterra et tornò due dì sono, mi dice che quel Serenissimo Re, et il Reverendiss. Eboracense, a quali, come parve al Reverendissimo Campeggio, fece riverenza et le raccomandationi in nome mio, li dissono, ore proprio, quel medesimo che mi manda a dire il Campeggio ciò è che si tratta di far la lega universale et non alcuna particolare col Christianissimo et che nella capitolatione del parentado sono alcune cose molto dure per questa Christianissima Maestà, di modo che non so a chi più credere. Costoro fanno conto non meno dell'accordo che della affinità et l'uno et l’altro dicono esser concluso. Nè sono essi però di si poca credenza che quando havessino le cose loro con Anglia non esser tanto oltre che fossino ancora per tornar del tutto indietro, essi l'havessino publicato qua, et fuori per tutto et oltre a ciò fatta et mandata una così grande et notabile ambascieria, per rimanerne poi scornati et esserne da tutti reputati vani et leggieri, se già queste aperte dimostrationi non havessero havuto sotto un più sottile obietto, ciò è che essi, se bene havessero dubitato dever la cosa escludersi et rimanerne con scorno, havessi nondimeno ancor fatte le dimostrationi et gli Ambasciatori, che hanno per haver poi scusa et giustificatione appresso Dio et il mondo di far quel che havessino in animo contra Inghilterra per la ricuperatione delle cose loro. Scrivo quel che alcuno potria pensare et dico quelle che io non credo, perchè stimo che costoro vadano veramente a buona fede et stimino che queste cose d'Inghilterra habbiano a succedere, come l’hanno dette et publicate. Io non posso scrivere se non quelle che mi è detto da costoro, rimettendomene a gli effetti. Dico bene, che se Inghilterra ha promesso a costui et poi li manchi, con nota di Sua Maestà Christianissima, ella è per vendicarsene vivamente. Se la lega universale si farà, et che appresso di questo Re si habbia sopra ciò a fare alcuna discussione, userò diligenza che s'includano i capitoli che li dì passati per ordine di Nostro Signore mi mandò Monsignor Reverendissimo, ma se ciò si prattica in Anglia, tutto s'havrà a fare e a conchiudere là.
     Torno a Madama alla quale, con quella destrezza che seppi, dissi quanto vostra Excellentia mi scrive circa la decima di là da' monti et della cruciata. Prima facie mostrò non haver forse ben compreso ciò nella Bolla portata da Bernardo, da poi, replicando io la cosa, mostrò gran piacere che non sia per farsene niente, se non per man vostra, et dicemi che io vi scriva per sua parte che voi governiate le cose del Re che si trattano a Roma, sempre come pare a voi, perchè sa che passeranno sempre bene, et ch'ella desidera che le gratie vengan sempre da voi al Re, affin che sua Maestà habbia ogni di più causa d'amarvi et che le cose fastidiose et da non ottenersi, le lasciate fare all'Ambasciatore o a chi il Re mandasse costà. Soggiugnendo che anche quando avvenisse che 'l Re, per induttione o ad instanza d'altri, facesse alcuna demanda a Nostro Signore men che honesta, vi avvertirà che se li nieghi, et farò sì che sia con gratia et satisfattione di sua Maestà. A me, Signor Duca, pare che ella v'ami più che se vi havesse generato, et se ben so che voi vel sapete, pure havendomi sua Excellentia imposto che lo scriva, non ho voluto mancar di farlo. Della decima et cruciata predetta disse che pregava le Signorie Vostre che si espedissero conforme alla instruttione di Federico, riprendendolo grandemente che non ne l’havesse mostrata.
     Dissi con sua Excellentia quanto Messer Antonio Pucci haveva scritto a tutti due noi delle buone opere sue in favor delle cose del Re Christianissimo con quella natione, essendoli così suto caldamente commesso da Nostro Signore et dalle Signorie vostre, et la speranza che haveva che dovessero finalmente succedere ad nota di sua Maestà. Mi rispose non credere che così facilmente dovessino haver quel fine che essi desideravano et che a parlar meco liberamente, mi diceva come il predetto Messer Antonio dava ben buone parole all'huomo là del Christianissimo, ma che poi in secreto faceva l'opposito, dolendosi ella grandemente di lui il quale, havendo da Nostro Signore et dalle Signorie Vostre commissioni cosi calde per il Re, facesse il contrario. Et ciò diceva con parole molto sensitive. Risposi che io di ciò mi maravigliava grandemente, et che io non m'indurrei mai a crederlo, per conoscere Messer Antonio devotissimo servitor di Nostro Signore, obedientissimo delle Signorie Vostre, et persona fedele et fuor d'ogni passione, salvo che quella che ha della casa de' Medici, et per consequente del Re Christianissimo. Et per esser prudente et veridico, mi persuadeva che fosse vero quanto egli scriveva a Nostro Signore, alle Signorie Vostre et anche a me, et le mostrai la lettera ch'egli mi scrive soggiungendole ch'ella avvertisse bene che o l'uomo loro là o li suoi mezzani et ministri Svizzeri non potendo ottenere quel che desiderano et che forse hanno promesso al Christianissimo con quella natione, trovano et dicono queste cose di Messer Antonio, pensando dever essere potente scusa appresso del Re di non far quanto Sua Maestà desidera. Non potei per queste et per molte altre ragioni che le allegassi in giustification di Messer Antonio, mai persuaderla a credere il contrario di quello che mi haveva già detto, imponendomi che io liberamente lo scrivessi alle Signorie Vostre. Io dissi di farlo, et che credeva che quando voi foste certi che fuor delle commissioni vostre egli havesse fatto il contrario, ne sentireste grandissime dispiacere, et che vi ponereste ottirno rimedio, et che io però mi stava nella credenza mia come certo so che Messer Antonio vada bene per il Re. Et ridendo poi le dissi che ringratiava Dio che nel principio l'Excellentia sua havesse havuto buona opinione di me, perciocché hora teneva per fermo che la manteneria sino all'ultimo, comprendendo da queste cose di Messer Antonio ch'ella era di prima impressione. Et benchè di ciò ella ridesse, non però la potei cavare di sua credenza, replicandomi che io lo scrivessi alle Signorie Vostre.
     Entrò sua Excellentia di poi meco su la elettione del Re Catholico in Regem Romanorum, iuxta quello che per Giaduin li dì passati andò innanzi et indietro dal Re a me etc. Ella crede che non sarà mai eletto. In questa prima Dieta dice che non si è fatta parola, et nella seconda, se pur se ne farà, stima che non havrà effetto alcuno. Quando pur l'havesse dice che Nostro Signore conosceria che per l'honore et per l'auttorità et per la dignità di sua Beatitudine et della Sede Apostolica, il Christianissimo non mancheria mai. Basta saper questo, senza entrar più oltre, non accadendo il bisogno. Dice Madama che alla lettera che il figliuolo scrisse di sua mano al Papa, deve sua Beatitudine comprendere quanta speranza può havere et quanto fondamento fare in tutte le cose sue nella Christianissima Maestà.
     Esposi a Sua Excellentia quanto Vostra Signoria Reverendissima mi scrive, per commissione di Nostro Signore, circa le cose d'Ungheria, et quel che Sua S. desidera che si faccia intorno la conservatione di quel Regno, soggiungendo quelle parole di più, che mi parvero a proposito per muoverla etc. Rispose che, se ben questo Regno è molto lontano et sicuro da ogni periculo et danno che far potesse il Turco, etc. et che per ciò il Christianissimo potesse passarsene di leggiero, non di meno che sua Maestà è hora con l'animo, et futuro sarà con l'opere sempre molto pronta a far tutto quello che Nostro Signore ricorderà, non pur per il mantenimento del Regno d'Ungheria, il che ella grandemente lauda che si debba in ogni modo fare, per esser opera laudabile et necessaria, ma per qual si voglia altro stato di minore importanza. Et che per sapere in ciò la volontà del Christianiasimo Re, stima di potere assicurar Nostro Signore, come fa, che sua Maestà di prontissimo animo sovvenirà quel piccolo Re di XXXV o XX mila scudi, che Mons. Reverendissimo scrive, mandando con essi un huomo a posta etc. mostrando questa ultima parte piacerle assai. Di poi, ridendo col più gentil modo del mondo, mi disse maravigliarsi assai che essendo il Re de' Romani tutore di quel putto, et principe così grande, ricco et denaroso, come sua Cesarea Maestà sopporti, fuor d'ogni suo honore, che per lo stabilimento di quel Regno si cerchi l'altrui mercede. Et che ricorderebbe anche Sua Excellentia che queste grosse somme che a tal effetto sborsaranno i Principi, si mandassero et s'indrizzassero in propria mano di sua Cesarea Maestà, senza altri huomini con essi, acciocchè, come diligente conservatrice di danari et parca dispensatrice di essi, gli spendesse al bisogno utilmente, volse che io le promettessi di scriver questo per sua parte a Nostro Signore. Et se in una lettera a lei o a me non fate la risposta, crederà che io non le habbia osservata la promessa.
     Per la mia ultima a V. S. Reverendissima de' XIIII, venuta con uno spaccio fatto di qui da Mons. il Gran Cancelliere, haverete visto come il Christianissimo ha mandato la procura libera et ampla da potere approvare et ratificare la tregua quinquennale in persona di Vostra Excellentia et del Rever. Mons. San Malò suo Ambasciatore.
     Havrei voluto che fossero stati domandati simili, ma divisi l'une in persona di Vostra Excellentia, aciocché volendo quella far ratificatione, potesse farla sola, senza compagnia, et se pur a Nostro Signore, per rispetto de' Principi, per non metter gelosia et per non mostrare agli altri d'esser non pur affettionato, ma etiam ministre del Christianissimo, paresse di lasciar far quello atto dall'Ambasciatore, senza esservi su il nome vostro, potesse farlo. Ricordai ben questo a Giaduin et a questi qui, et mostrarono piacere loro, poi non lo eseguirono, perchè non fu chi lo ricordasse al Re.
     Il Re seguita il viaggio suo con grande diligenza, vedendo tutti i porti et i luoghi più importanti, dando sempre ordine che si fortifichino, dicendo farlo perchè è parte tutta esposta da essere offesa et da potere offendere facilmente i vicini, et che sua Maestà Christianissima non vuole essere in parte alcuna colta mai sprovvista. Dicemi Madama che sua Maestà sarà di ritorno fra XV giorni. Io ne piglio sempre qualcuno di vantaggio, et credo che non ci sarà prima che a' XII dell'altro. La regina et Madama son qui vicine una lega et mezza. Anderannosi temporeggiando in questi contorni. Hanno seco pochissima brigata, di conto non vi è se non il Bastardo di Savoia.
     Il gran Maestro, come scrissi ultimamente, da i soliti suoi dolori è molto oppresso, et la gotta comincia ad occupare, oltra i piedi et le mani, anche le braccia et le spalle, che suole essere argomento di non lunga vita.
     Madama ha preso l'assunto di trovare et di mandare a Nostro Signore i tre putti rnusici, seconde la nota di Carpentrasse. Commetterà similmente al Cancelliere la cosa di Provenza, conforme al ricordo mandatomi da V. S. Reverendissima.
     Bernardo porta al Reverendissimo Salviati il Placet della sua Prepositura et sa Messer Alessandro quelle del Vescovado di Lodi. Al ritorno del Re farò forza d'haver l'altro per conto dell'Abbadia che messer Alessandro desidera etc. Non ho potuto ancora ottener quello dell'Abbate di V. Sig. per molta instanza che io n'habbia l'atta, ma spero che tornato che sia il Re, alla fine ce ne compiaceranno, tanto ne sarò importune.
     Scrissi hieri sin qui. Questa sera mi dice il Cardinale di Burges essere hoggi venuta nuova da Ambuosa come Madama Alvisa, sposa del Catholico è malata non leggiermente, ma non però ancora con dubbio et pericolo. Madama vi ha subito mandato Monsignor di Samblansè.
     Madama, parlato che havemmo delle cose soprascripte, entrò in domandarmi con rnolto amore particolarmente delle cose di N. Signore, et della persona, della vita, de' modì, et in fine d'ogni cosa di Sua Beatitudine, et poi entrò in domandar delle conditioni di Madonna madre di Vostra Excellentia, et ultimamente di tutta la Casa. A lutte le demande sue risposi, secondo me et secondo la verità, convenientemente.
     Il Reverendissimo Araceli si trova ancor qui et credo che Madama vorrà che aspetti la tornata del Re. E' stato questi di un poco ammalato di febre, comincia a levarsi et fra tre o quattro giorni si spera che sarà guarito del tutto. Vedrò che il Re et Madama gli facciano in ogni modo qualche bene, et già ne ho parlato con l'Excel-lentia sua la quale mi ha promesso farlo. Certo è buono et da ben Signore, devoto servo di Nostro Signore et delle Signorie Vostre, et merita ogni bene.
     Lo Illustro Signor Giovan lacomo Triulzio fra quattro o sei o otto giorni sarà qua, che in età di ottantadue anni par maraviglia che faccia un viaggio di questa sorte.
     Per una mia a Bartolomeo scrissi sei dì sono che V. Sig. Reverendis. avvertisse Monsignor Reverendissimo Petrucci, che non usi più il termine che ha usato col Capitan Federigo, in dire che satisfarà in tutto o in parte a costoro qua di quello che la Città deve, che così m'ha detto il Cancelliero, anzi mostri non voler pagarne un soldo perchè non è cosa che sia fatta dal presente stato. Et in fine le risposte sue sieno di sorte che metta più tosto in disperation costoro d'haverne mai un soldo che altramente, perciocchè essi hanno per natura di tener per fatto tutto quello che è cenno et ombra di promessa et non si può poi facilmente levarli da quella impressione. Se vedranno non havere alcuno attacco da sua Signoria Reverendissima, a me di qua fia più facile ridur la cosa al segno che quella desidera. Ricordo quello che stimo sia a gran proposito suo, perchè offesa et forza da costoro non ha da aspettare, mentre che Nostro Signore et le Signorie Vostre sono quel che sono hora, et io intanto mi sforzerò fermare et saldar la cosa a voto suo.
     Questa fu cominciata sino avanti hieri, che fummo a' XVI. Bernardo non è partito perchè la Regina et Madama m'hanno mandate a dire che vogliono scrivere alla Duchessa, et parlar con lui prima che parta, et però io l'ho mandato hoggi da loro, et domattina partirà infallanter, avenga che sia un tempo crudelissimo.
     Intendo pur anche hoggi che nelle cose di Tornai è difficoltà, et essendo hor'hora stato da me Babon Secretario di Madama, il
quale intende il tutto, sono entrato seco in ragionamento di queste cose, per farlo uscire a qualche parola, per la quale io potessi comprendere se ci è difficoltà. Et finalmente, per ridurla in uno, ritraggo dal parlar suo quel medesimo che mi ha detto Madama, ciò è, le cose essere aspettate et ferme. Onde non so più che dirci sopra, se non che bisogna che costoro o sieno ingannati da Inglesi, o dicano la bugia a noi, occultandoci il mal loro, senza curarsi del rimedio et della medicina che potessero dar loro i medici, overo, se pure è in fatto, come essi ci dicono a parole, si può stimare che Inglesi dicano ad altri il contrario di quello che fanno costoro.
    
Dimenticai scriver di sopra come di nuovo in nome di Vostra Excellentia ricordai avant'hieri a Madama, che in questa capitolatione sua con Inghilterra, il Christianissimo si degni inchiudere, più honorevolmente che sia possibile, i Signori Fiorentini et la Excellentia Vostra, acciocchè tutto il mondo conosca che sua Maestà Christianissima vi ha per suoi cari et perfetti amici et veri confederati et adherenti. Disse che l'Ammiraglio ne'haveva havuto espressa commissione dal Re, sin da quando ne parlai a sua Maestà la prima volta. Nondimeno che di nuovo per le prime lettere lo faria ricordare a sua Signoria, et che di ciò V. Excell. stesse con l'animo sicuro, perciocché questo non era di minor satisfattion loro che d'honore et sicurtà vostra.
    
Madama prega molto specialmente le Signorie Vostre che supplichino alla Santità di N. Signore che si degni concedere la esattion della cruciata per questi due anni, che restano da farsi, in quel modo si è fatta li due anni passati, et non permetta che la eseguiscano i frati. Et di questo molto prega et strigne le Signorie Vostre che facciano instanza con Nostro Signore, e si, che si degni far di ciò la gratia al Christianissimo et a lei, la qual certo mostra desiderarlo assai, et mi ha molto stretto a scriverne alle Signorie Vostre. Alle quali humilmente mi raccomando et bacio le mani.

Da Ansenis, a' XVIII di Luglio 1518.

Di V. E. humil. ser. Il Card. Bibiena