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Parigi,
16 decembre 1518
A Giulio de’ Medici
Reverendiss.
etc. Avanti hieri scrissi a Vostra Signoria Reverendissima, et le significai
la ricevuta della sua de’ tre del presente. Intendo che passa un
cavallaro per costà, ma che non vuol fermarsi. Io fo questi due
versi, perchè ella non si maravigli che venga senza mie lettere.
Non sono dipoi stato col Re ne con Madama,
perciochè tutti volti all’intrattenere questi Anglici, posponendo
ogni altra spetie di negotiatione. Stamane hanno fatto l’atto del
matrimonio in cappella privatamente senza altri che il Re, la Regina,
la Madre, quelli del sangue, et gli Oratori predetti. Ogni mattina et
ogni sera uno de’ Principi del sangue fa loro banchetti con le più
belle donne della terra.
Il Vescovo Eliense andrà a Bles a veder Mons. Delfino. et s’intende
che gli farà non so che bel present di gioie.
Due di loro andranno a far la restitution
di Tornai et Mons. di Ciattiglion già si è aviato in là
per pigliar la possessione. Non è bene ferma la differenza d’un
certo Castello, chiamato Montagna, che il Re d’Anglia donò
al Duca di Soffolc, quando prese Tornai, et egli lo vende a un Fiamingo.
Gl’Inglesi promisono rendere i danari della compera al Fiamingo,
et così par che facciano. Ma egli vol esser pagato ancora delle
spese fattevi per fortificarlo, et su questo sta duro: pur si pensa che
la cosa s’accorderà. E’ luogo importante presse a Tornai,
et del dominio della Città, et il Christianissimo lo vuole in ogni
modo.
Domenica cominciano a farsi le giostre.
Il Re è andato hoggi a caccia et ha menato seco non gli Oratori,
ma i favoriti del Serenissimo Re d’Inghilterra. Non si sa ancora
quando a punto fia la partita loro; se bene, come per l’altra scrissi,
si tien per certo che partiranno avanti le feste.
Il Duca di Ferrara è venuto a vedermi
et ha parlato assai meco, mostrando volere il ben suo da Nostro Signore,
et esser sempre buon servitore della sua Santità, giurandomi esser
qua solo per visitare il Re et la Regina, et raccomandar le cose sue a
sua Maestà. Io gli ho risposto, laudando et confortandolo a far
quanto dice verso Nostro Signore. Dice che fatte le feste se ne tornerà
in Italia. Ben sapete che non manca chi dica che egli ha intentione da’
Vinitiani di farlo loro Capitano Generale, ma volere il consenso del Re
et che per questo conto è venuto qua. Ma io non ho di ciò
riscontro da persona che intenda et sappia gl’intrinsechi secreti.
Di quelle cose tra il Christianissimo et l’Anglico io scriverò
per la prima quel poco che ho inteso per ordine di sua Maestà,
che è fuor de’ Capitoli, che per la fretta del cavallaro
non posso scrivere.
Ho scritto in Ispagna, nella Magna, et in
Inghilterra la resolutione, che sopra le cose turchesche ha fatto questo
Re, accioché i Reverendissimi Legati possano con questo essempio
muovere i Principi etc. et di ciò il Re mi ha molto confortato.
Non posso, perchè non ho più tempo, scrivere altro per questa,
se non che di nuovo prego Vostra Signoria Reverendissima che si degni
ricordare che io mi trovo senza quel che fa cantare i ciechi: sì
che non si dimentichi il servitor suo.
Le procesioni et le Messe solenni per il
conto scritto nell’altre, si fanno Domenica. Non si è ancora
messo in scriptis la offerta et promessa del Re circa queste cose turchesche;
percioché tutti questi ministri sono stati occupati nelle cerimonie
con questi Anglici. A’ santissimi piedi di Nostro Signore et a Vostra
Signoria Reverendissima humilmente mi raccomando.
Di Parigi, a’ 16 di Decembre 1518.
Qua si attende con ogni diligenza per tutti
alla espeditione delle cose del Signor Duca etc.
Di Vostra Illustrissime et Reverendissima
Signoria humi’lis. ser.
il
Card. di Bibiena.
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