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Parigi,
16 febraio 1519
Al Cardinale
Giulio de’ Medici
Reverendissimo
Signore mio Colendissimo
Avanti hieri scrissi a Vostra Signoria Reverendissima brevemente percioché
io non havevo che dirli et anche per questa farò el medesimo, la
quale porterà un cavallaro spacciato credo per la vacantia della
chiesa di Neversa. Io ho ricevuto le lettere de Vostra Signoria Reverendissima
de’ dì 3, 4, 5, 7 da Fiorenza, ma non sono anchora decyfrate,
né il cavallaro mi dà tempo ad expettare di vederle prima
che io scriva. Per quel che sin qui ha decyfrato Armanno comprendo che
le Signorie Vostre hariano voluto che io havessi sopraseduto communicare
con el Re la lettera dello Ardinghello de’ 30 del passato, jl che
certo harei fatto di troppo bona voglia, parendomi molto conveniente et
ragionevole, ma molto più che per altro per quel che io havevo
scritto alli viij, che, come le Signorie Vostre haranno potuto vedere,
el Re si era raffreddo in questa cosa sua. I’ harei expettato de
havere la risposta di dette mie delli viij o saltem lettere vostre che
mi chiarissino la intentione delle Signorie Vostre in questa cosa, ma
frustra laborassem percioché per lettere di San Malo il Re haveva
dello animo del Papa verso di lui in questa cosa molto più di quel
che scrisse a me lo Ardinghello, in modo che io fui più auditore
che relatore, che se questo non era ve assicuro ben io che il Re non sapeva
così presto da me la deliberatione di Sua Santità; et se
voi hareti ben notato le parole mie sopra ciò scritte in una mia
delli xi giudicherete ben quanto io di tal cosa mi sia maravigliato, parlando
anche nella lettera reservatamente assai più di quel che harei
a bocca. La cosa è qui et al fatto non è più remedio.
Forsi che così è la voluntà di Iddio. Bisognava che
el Papa non parlassi con San Malo, che dello haver scritto a me ve accerto
ben di nuovo io che non seguiva errore, se errore chiamar si può
el soprassedere alquanto la executione delle commissioni di Sua Santità.
Questo bene però in vero se ne trahe, che, riuscendo o non la cosa
al Re di Francia, ve lo harrete obligato per sempre. Io per me non son
di quelli così corrivi che pensi che facilmente li habbi ad riuscire.
Ho havuto dal Christianissimo la promessa
di Sua Maestà contra Turcas autenticata, cioè in scriptis,
sigillata et sottoscritta di sua mano. Manderolla per el primo.
Alla bolla della ratificatione di Nostro
Signore per l’accordo fatto tra il Christianissimo et Serenissimo
di Anglia, secondo mi dice el Cancelliere, bisogna aggiungere, come scrissi
avanti hieri, alcune poche parole, secondo me di poca importantia, et
per il primo similmenti ve la manderò, perché esso Cancelliere
me la ha rimandata.
Intendo che quel bono et dabene vecchio
Reverendissimo Monsignor di Lucimborgo è morto o poco vi resta
della vita sua.
Il Re Catholico ha ratificato qui l’accordo
de Inghilterra; ma perché anche in detta ratificatione mancano
o non stanno bene alcune parole, si è rimandata a Sua Alteza per
acconciarla in bona forma.
Qua non è una nuova al mondo che
ad me nota sia. El Re et Madama sono fuori et similmente anche el Gran
Maestro è andato da Madama. Tutti fiano qui domani.
Il confissore di Madama, mandato da lei,
fu hiersera qui da me, et mi disse per sua parte che havevono lettere
de Alamagna da uno amico del Re, che dava gran speranza al Re Christianissimo
della cosa sua.
Visto che harò quanto da Roma et
dalle Signorie Vostre mi è scripto, exequirò diligentemente
le commissioni datemi et bisognando spaccierò con la risposta un
cavallaro a posta. Per questa non m’accade dire altro, se non che
con tutto el core ringratio Dio del benestare del Signor Duca, alla cui
Excellentia la presente capitarà prima che in man della Vostra
Signoria Reverendissima, presupponendo che allo arrivare di questa la
se ne serà tornata a Roma, che grandemente mi satisfà per
tutti i conti.
Raccomandomi a Vostra Signoria Reverendissima,
al Signor Duca et in primis alli santissimi piedi di Nostro Signore.
In
Parigi, xvj Febraio 1519
Qui si prepara di fare le exequie de l’Imperatore molto sumptuose
et grandi.
Reverendissimo
Signor mio
Intendo che Monsignor Reverendissimo Rangone
vuol fare due camere acanto alle mie su la Sala che risponde sopra le
camere dipinte. Prego Vostra Signoria Reverendissima che lo conforti a
sopraseder sino al ritorno mio, che fia presto, percioché le farà,
quando sarò lì, senza sconciar le mie, che le faremo di
comun consenso et consiglio; et così, senza sconciar il compagno,
sarà Sua Signoria Reverendissima accommodata et io satisfatto.
So quanto Vostra Signoria Reverendissima meritamente può con la
sua; però, oltre a quello che da altri le ho fatto dire, ho voluto
anche di ciò supplicar a Vostra Signoria Reverendissima. Così
con questo capitulo ho inserto le cose piccole con le grandi. Di nuovo
a Vostra Signoria Reverendissima mi raccomando.
Humilissimo
servitor B. Cardinale Santa Maria in Portico
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